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Dall’amico e collega Fausto B. mi arriva questo bel racconto di Natale che sento mio, la prova di quanto i piloti siano poco sensibili, poco romantici e per niente appassionati del proprio lavoro.

NATALE AL VILLAGGIO AZZURRO

Un paio di giorni fa, ho fatto l’ultimo volo di questo 1979. In coppia con un allievo, entrambi solisti su due G91/T, siamo partiti per una navigazione a bassa quota diretta a Melfi, Capo Palinuro, Scalea, Matera e Ortanova. Abbiamo sorvolato spiagge, boschi ormai spogli e minuscoli paesi montani sperduti nel nulla. Le abbondanti nevicate cadute nei giorni scorsi hanno reso queste lande un presepe vivente, che fugge rapido sotto i nostri scarponi. Il tempo è buono e l’allievo, capace e disinvolto, lascia i check point al tempo stimato, senza intaccare la sicurezza del volo e mantenendosi alla giusta quota per evitare le rare nuvole che incappucciano i monti. Il volo a bassa quota impone di stare a contatto con la terra e con i suoi inquilini, così i villaggi, le case di contadini, le greggi e gli armenti, pur sorvolandoli a seicento chilometri l’ora restano nei miei occhi, rubando le immagini al mondo ed archiviandole nella memoria, dove un giorno lontano diventeranno ricordi. Dopo Matera, la bellissima città dei Sassi non ancora famosa, l’allievo esegue l’ultimo tratto di navigazione, poi contatta il radar per un avvicinamento guidato sulla base. 

– Fenice 5 da Amendola GCA, siete sul sentiero di discesa. Sentiero… sentiero…

Alle minime strumentali riattacchiamo. Mi sono spostato in ala sinistra per vedere il villaggio azzurro, che ci sfila rapido a destra nella sua macchia di verde. La chiesetta, il parco giochi e, a poche decine di metri, la nostra casa, che riesco a individuare di sfuggita, fra le altre case bianche con tanti comignoli che fumano. Attraversando mille piedi di quota invito l’allievo a guardare a sinistra, mentre lo sorpasso. Da questo momento lui diventa gregario.

– Chiara da Fenice 5, chiedo zona Foggia per dieci minuti.

– Fenice 5 da Chiara, autorizzato in zona Foggia. Vi ricordo che siete l’ultima missione in volo… poi, se Dio vuole, partiremo tutti  per la licenza.

Scherzando, per dare più enfasi alla sua velata richiesta, il simpatico istruttore di biga (Chiara), intona in falsetto: “Jingle bells, jingle bells, jingle all the way…” Ed io gli rispondo  “… Oh, what fun it is to ride… Dai, Gianni! Soltanto 10 minuti, poi verremo a terra”.

La zona di lavoro è vicina alla base e il gregario mi chiede di trasformare la sua posizione in ala sinistra. Io acconsento.Lo guardo, e col pollice puntato sulla maschera di ossigeno gli chiedo, con un cenno, il carburante residuo. Lui, con le dita, mi comunica la quantità di JP4 rimanente nei serbatoi. Ne avanza, per regalarci dieci minuti tutti per noi. È un bravo allievo, e voglio che vada in licenza contento. Così, raggiungendo la zona di lavoro, gli chiedo di effettuare i controlli pre-acrobatici, che subito dopo conferma col pollice alzato.

Devo essere dolce nelle manovre… è pur sempre un allievo solista… In pochi istanti raggiungiamo la quota di 13.000 piedi, nel centro della zona. Incliniamo le ali per sprofondare nel vuoto, poi lentamente le livelliamo e cominciamo ad imprimere qualche “G”, fino ad attraversare l’orizzonte, per puntare verso il cielo. Un requisito dell’istruttore militare è lo strabismo. Perché con un occhio deve seguire la manovra che sta compiendo, e con l’altro fissare lo specchietto che guarda di lato, per vedere cosa combina l’allievo solista. Qualche piccolo balzo, ma sta in posizione. Ancora più su, verso l’azzurro, e mentre la velocità scende rapida inclino nuovamente le ali, attraversando l’orizzonte a duecento nodi, giusti per tornare in basso, risalire, e “girare” un lento tonneau. Il Gargano ci sfila lontano, sotto sopra, mentre continuiamo la rotazione per tornare livellati.

– Tutto ok, numero due?

– Tutto ok.

Ancora una virata molto accentuata, allo scopo di portare, in uscita, i nostri aerei col muso decisamente verso una terra cosparsa di stoppie ormai da tempo bruciate, che attendono impazienti l’aratura e la nuova semina. Quattrocentocinquanta nodi, che a questa quota equivalgono a circa novecento chilometri l’ora. Imprimiamo gradualmente un’accelerazione, fino a quattro “G” positivi, e tagliando l’orizzonte puntiamo di nuovo verso un cielo turchese che accoglie le nostre due frecce d’argento. Un piccolo sobbalzo, ma il gregario resta lì, vicino, a mordere l’ala. Cielo e ancora cielo, finche i monti dell’Appennino Dauno fanno capolino in alto, sul tettuccio, oltre il blindo-vetro. Centocinquanta nodi da rovesci, e via, giù, a riprendere con altri quattro “G” la quota e la velocità dell’inizio manovra. Abbiamo completato la bellissima figura del looping, chiamata dai primi aviatori “il giro della morte”, e il giovane gregario è rimasto a pochi metri dalla mia ala.  Il sole splende sulla visiera scura del mio casco. Immagino la sua gioia, quella gioia che porterà a casa, raccontando ai suoi cari di aver fatto acrobazia in coppia, solo, a bordo di un G91. È una soddisfazione, per un allievo, essere in grado di fare cose tanto impegnative, e un modo per l’istruttore di dargli quella fiducia che lo porterà a indossare sulla divisa, dalla parte del cuore, l’aquila turrita di Pilota Militare.

Ora, davanti a un’anonima tastiera, mentre scrivo qualcosa che difficilmente renderà l’idea dei sentimenti e delle emozioni provate allora lassù, non tralascio di menzionare i pensieri che mi attraversavano. Rapidi, veloci più dei nostri aerei. Non è facile dare fiducia a un giovane, seduto a bordo di un velivolo da caccia, lasciandolo volteggiare a pochissimi metri dal tuo. L’imponderabile è sempre in agguato. Raramente, ma l’imponderabile talvolta accade anche in seno ai Reparti, dove i piloti sono addestrati a fare quasi giornalmente manovre simili, o addirittura più spinte. Una collisione durante l’esecuzione di una figura acrobatica in coppia stretta, può avere esiti tragici. Allora, cos’era che ci faceva “osare”, pur consapevoli che quasi sicuramente saremmo stati in grado di recuperare un errore dell’allievo? Rispondo per quanto mi riguarda: l’enorme passione per il mio lavoro e l’amore per quei “ragazzi” che l’Aeronautica mi affidò. Lo stesso amore che i miei istruttori dettero a me, quando ero allievo e sognavo di indossare l’aquila con la torre, sopra il taschino sinistro dell’uniforme.  

Le ruote dei G91 accarezzano l’asfalto, mentre i due paracadute freno si aprono quasi contemporaneamente. Rulliamo con calma. Io mi slaccio la maschera, dalla quale cade copioso sulla tuta anti-g un fiotto di sudore. Parcheggiamo vicini e, slacciandoci le cinghie dei seggiolini, i nostri sguardi s’incrociano. Nel silenzio della linea di volo (ormai tutti i motori tacciono), ci arrivano lontane le musiche del Natale. È Padre Antonio che, per la gioia dei grandi e dei bambini, le diffonde per alto parlante fin dai ai primi giorni di dicembre, tramite il diffusore sonoro che prende in prestito dalla sala operazioni.

Salutiamo gli specialisti, che pazienti hanno atteso il nostro rientro. C’è aria di vacanze, non è rimasto nessuno ai Gruppi di volo. Con la “cassetta degli attrezzi in mano”, dove sono riposti i razzi di segnalazione e la grossa pistola lancia razzi, dalla biga arriva Gianni, chiamato dagli amici David Scroket, per l’abitudine di fumare ma di comprare raramente le sigarette. Scherzando, mi redarguisce per i dieci minuti che mi sono preso. Poi, prima di partire mi chiede se ho una sigaretta.

– Se mi perdoni!

– Perdonato… tanti auguri di buone feste!

Purtroppo, qualche anno dopo, questo bravissimo pilota e non di meno caro amico, perderà la vita in un incidente con un Canadair, spegnendo un incendio in Liguria.

Spogliandoci dell’equipaggiamento di volo, chiedo all’allievo di seguirmi in aula per il de-briefing. Intuisco che ha fretta, perché i suoi colleghi lo stanno aspettando per fare il viaggio verso casa insieme, ma io facendo finta di essere un istruttore scrupoloso, lo invito sedersi e vado alla lavagna. Col gesso disegno due linee, una orizzontale e l’altra verticale, che indicano due assi cartesiani. Egli intuisce che il briefing sarà lunghissimo, ma fa buon viso a cattivo gioco. Infine, sorridendo, sull’asse delle ordinate scrivo “Buon” e su quello delle ascisse “Natale”. Poi gli dico “Vai, che ti stanno aspettando!”. Lui scatta in piedi e mi saluta militarmente: “Capitano, posso stringerle la mano? Tanti auguri a lei e famiglia!”. “Altrettanto a te ed ai tuoi cari”. Infine, si dilegua correndo verso gli alloggi allievi.

Sono trascorsi più di sei mesi, da quando mia moglie e mio figlio mi hanno raggiunto al Villaggio Azzurro. Così siamo arrivati a Natale e, a festeggiarlo con noi, è giunta la nonna, rimasta da poco vedova, portando con sé Daisy, la cagnetta di mia moglie. La nonna è di grande aiuto, perché ama stare in compagnia del nipotino, permettendoci di uscire a fare le spese e a rilassarci, magari passeggiando sul lungo mare o per le strade di Manfredonia. Domani sarà un Natale diverso, senza la stanchezza del lungo viaggio per giungere a casa. Quest’anno ho lavorato molto, accumulando un bel numero di ore di volo e di fatica. Ma la vita delle scuole mi piace, perché mi permette di volare tanto, pur lasciandomi abbastanza tempo da trascorrere in famiglia.Stiamo per metterci a tavola, quando fuori si sente suonare una campanella. Noi adulti sappiamo cos’è, ma facciamo finta di essere sorpresi. “Sarà Babbo Natale?”, interviene la nonna. “Sì, certamente è lui!”, conferma mia moglie. Allora io mi alzo da tavola e invito il bimbo a seguirmi. Dal giardino si intravede, su una via parallela, un carretto che procede lentamente, ma le piante lo rendono ancora confuso. Berny tace… è sempre stato un po’ sospettoso e questa storia di Babbo Natale non lo convince tanto. Poi, il carretto scompare dietro la chiesa, ma si sente ancora la campana. Ora, è giunto all’inizio della nostra strada e si vedono gli elfi che trainano il carretto, preceduti da un signore vestito di rosso e di bianco, che fa suonare la campanella.

“Ecco! Arriva Babbo Natale”. “Prendimi in braccio, papà!”.

Nella nostra parte, dove abitano molti istruttori, siamo tutti giovani… e fertili! Così, fuori di ogni casa il carretto si ferma a scaricare i doni. Babbo Natale, (un pilota, truccato e vestito così bene che non lo riconosce nemmeno sua moglie) prende in braccio ogni bimbo e gli dà il pacchetto, dove c’è il giocattolo desiderato. Quello che i genitori gli hanno precedentemente consegnato. È un’emozione per i grandi, figuriamoci per i piccoli, vedere una semplice rappresentazione, ma di così tanto effetto. “E tu, bambino, sei stato bravo o devo darti il carbone?”. Bernardo non risponde, tanta è l’emozione. “Ma sì, che sei stato bravo! Volevi un trenino, vero? O mi sono sbagliato?”

Dai camini giunge l’odore della legna che arde nelle stufe, dalla chiesetta il suono delle cantiche natalizie. È arrivato il Natale, con i suoi dieci giorni di licenza da trascorrere in famiglia. Meno di due settimane e torneremo a volare.

Buon Natale!!✨✨✨✨✨🛫

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