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Il titolo riporta l’ironica frase, nota come “prima legge di Murphy”, che ha permesso all’aviazione di diventare uno dei mezzi di trasporto più sicuri. 

La legge di Muprhy può essere agevolmente rappresentata attraverso la seguente semplice equazione:

Ma chi era Murphy? 

Nell’allora Muroc Army Air Field (l’attuale Edwards Air Force Base in California), Murphy era uno degli ingegneri coinvolti negli esperimenti con razzo-su-rotaia compiuti dalla USAF nel 1949 per verificare la tolleranza del corpo umano alle violente accelerazioni. 
Uno degli esperimenti prevedeva 16 accelerometri montati su diverse parti del corpo del soggetto e l’assistente di Murphy aveva preparato l’imbracatura per lo scimpanzé al quale sarebbe toccata la prima di una serie di prove. 
Al termine di questo primo test si constatò che i sensori avevano fornito una lettura = zero! Fu evidente che qualcosa era stato installato in modo errato, alcuni sensori infatti erano stati messi al contrario. 

Fu a questo punto che un disgustato Murphy fece la sua dichiarazione al capo progettista: 
“If that guy has any way of making a mistake, he will.” 
“Se quel ragazzo ha modo di fare un errore, lo farà.” 

La frase fu elaborata dal capo del progetto (il maggiore medico John Paul Stapp) e riportata in una conferenza stampa pochi giorni più tardi: «Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo.» 

Alla principale enunciazione della Legge di Murphy hanno poi fatto seguito tutta una serie di altre sarcastiche considerazioni che, per dare loro un’umoristica parvenza di scientificità, passano sotto il nome di postulati o corollari. 

I principali sono i seguenti: 

  1. Niente è facile come sembra.
  2. Tutto richiede più tempo di quanto si pensi.
  3. Se c’è una possibilità che varie cose vadano male, quella che può arrecare il danno maggiore sarà la prima a succedere.
  4. Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto.
  5. Lasciate a sé stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio.
  6. Non ci si può mettere a far qualcosa senza che qualcos’altro non vada fatto prima.
  7. Ogni soluzione genera nuovi problemi.
  8. I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedir loro di nuocere.
  9. Per quanto nascosta sia una pecca, la natura riuscirà sempre a scovarla. 

L’assioma di Murphy, nella formulazione presunta originale, riassume intuitivamente un fatto statistico-matematico noto a chiunque abbia a che fare, ad esempio, con la prevenzione e la sicurezza: 
“per quanto sia improbabile che si verifichi un certo evento, questo finirà molto probabilmente per verificarsi.” 

In effetti, la stessa teoria della probabilità, afferma che il fatto che un evento sia improbabile non vuol dire che esso non possa verificarsi già nel corso dei primi tentativi, e che non possa poi ripetersi a distanza di breve tempo (legge di mancanza di memoria della probabilità). 

Con questo inizio prese forma il metodo scientifico di trovare una soluzione per ogni prevedibile evento che si possa verificare in un aereo in volo, concetto poi esteso a ogni altro tipo di attività, progetto, costruzione o procedura. 

Arrivando ai giorni nostri e parlando di aerei basici nonché poco sofisticati, si è sviluppato un metodo comune per la formazione di un pilota. 
Questa deve necessariamente essere improntata ad una forma mentis “tendenzialmente pessimista”, non intesa in senso catastrofico, ma di costante attenzione su ciò che potrebbe succedere di lì a poco per essere preparati nel caso dovesse capitare. 
L’aereo vola veloce, non può andare piano altrimenti cadrebbe e non ci sono corsie d’emergenza in cui fermarsi per chiamare il carro attrezzi. 
Tutto sta nelle mani (e testa) del pilota …

“Sono in volo, non fa freddissimo ma c’è umidità nell’aria. Attivo l’aria calda al carburatore per evitare che si possa formare ghiaccio”…
“Sto volando lungo la rotta pianificata ma devo fare una deviazione che mi porterà vicino e forse dentro un’area controllata. Chiamo il Centro di Controllo della zona per avvisarli dove sono, evitando così eventuali conflitti di traffico con altri aerei”… 
“Il vento in atterraggio è riportato a raffiche. Preparo un atterraggio con meno flaps e leggermente più veloce per avere più controllo in caso di raffica improvvisa e per non stallare in finale”… 
“Sono in volo e osservo i campi lungo la rotta che mi permettano un atterraggio di fortuna in caso di problemi al motore”…

In poche parole, la forma mentis è quella di stare sempre “davanti” all’aereo… 5 minuti…10 minuti.. mezzora o quello che serve, immaginando dove saremo e in che condizioni, per non essere impreparati ad un eventuale peggioramento della situazione. Un “Piano B”. 

Gli anglosassoni la chiamano “Situation awareness”, che tradotto sarebbe: consapevolezza della situazione in cui siamo e/o nella quale potremmo trovarci. 

Gli aerei stessi, tramite la ridondanza dei sistemi, vengono progettati e costruiti per aiutare il pilota a gestire le situazioni più complesse: 

  • se una radio smette di funzionare, c’è una seconda radio di bordo;
  • se anche la seconda radio si dovesse guastare, c’è un transponder con il quale allertare gli enti del controllo del traffico aereo;
  • se si guasta l’alternatore o il generatore, la batteria resta collegata agli apparati essenziali che consentono di tornare a terra in sicurezza;
  • se il carrello d’atterraggio non scende normalmente, posso abbassarlo con un sistema alternativo meccanico

E così via.

Per farla difficile, tornando alla formula iniziale, la probabilità (P) che qualcosa vada male è stata individuata esaminando cinque fattori relativi a qualsiasi evento o azione e, assegnando da 1 a 9 a ciascuno. 

Parlando di volo, assegnando valori in questo caso arbitrari, si ottiene: 

  • costante (Q) = 0,7
  • abilità (A) es. 8
  • complessità (C) es. 6
  • importanza (I) es. 4
  • urgenza (U) es. 4
  • frequenza (F) es. 9 

P = 10% di probabilità che possa succedere qualcosa. 

Qualunque aereo si voli, ovunque si vada, il motto resta sempre lo stesso: 
“Prepariamoci al peggio, sperando per il meglio.”

 

In ossequio alla legge di Murphy: il toast cade prevalentemente dal lato imburrato; questo perché l’altezza media da cui cade (tipicamente un tavolo) è tale da consentire solo una rotazione parziale. 

Utile lettura a corollario della legge di Murphy: “Allegro ma non troppo”, saggio di Carlo Maria Cipolla contenente “Le leggi fondamentali della stupidità umana” 

Inoltre, un’utilissima conseguenza della legge di Murphy applicata all’esempio del Toast, può ritrovarsi nel meno noto “Paradosso del Gatto imburrato” ben rappresentato nel video seguente.

 

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