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Questo il pensiero all’Aero Club di Fano, il motivo per cui abbiamo fatto del Rally dei Ristoranti quasi un fattore distintivo. In fondo, dopo una mangiata sana e buona e un rientro a casa in volo in piena sicurezza, anche ai più malmostosi torna il buonumore.

Ma spesso il piacere è anche solo quello di  stare insieme e in fondo se si sta insieme beh quella è una ottima scusa per mangiare. E cosa si mangia? 

Oggi vi raccontiamo un piatto che abbiamo mangiato insieme più volte, l’Amatriciana (o “Matriciana” come si pronuncia a Roma levando la “a” iniziale … a causa dell’afèresi). Chi ce lo racconta è il principale interprete di questa famosissima ricetta, Renzo Greci, da sempre socio dell’Aero Club e membro del Direttivo con delega alla Amatriciana, appunto. 

Prima di tutto occupiamoci dell’Amatriciana, originariamente piatto tipico dei pastori, l’unto e cacio che divenne in qualche epoca passata “l’Amatriciana” con l’introduzione del pomodoro, e poi piatto storico della cucina romana i cui interpreti più famosi sono i fratelli Fabrizi: Aldo e Lella. 

Lei, la “Sora Lella”, quando guidava la cucina della sua trattoria all’Isola Tiberina, nell’Amatriciana metteva due ingredienti non tradizionali: la cipolla e l’aceto (per sfumare il guanciale). “Di sugo non ce ne va troppo, la pasta all’Amatriciana è ramata di pomodoro, ma in realtà nasce come pasta con il guanciale. Quello che conta è l’attenzione ai tempi di cottura, un po’ di amore e un pizzico di peperoncino fresco per rosolare il guanciale”.

Per suo fratello Aldo era una questione quasi religiosa, cui dedicare un sonetto. Questo: 

LA MATRICIANA MIA

Soffriggete in padella staggionata,
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz’etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arotolata.
Ar punto che ‘sta robba è rosolata,
schizzatela d’aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.
Appresso er dado che jè dà sapore,
li pommidori freschi San Marzano,
co’ un ciuffo de basilico pe’ odore.
E ammalappena er sugo fa l’occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de prescia li spaghetti
.

Un amore, quello tra Fabrizi e la pasta, che ha voluto anche sull’epitaffio della sua tomba, dove fece scrivere: “Fu tolto al mondo troppo al dente”.

Dal Film “Cameriera bella presenza offresi”, 1951

Cucinata oramai non solo a Roma, imitata a volte male, la “Matriciana” è nata ad Amatrice, paesino dell’alto Lazio. 

Si dice che un giorno, nel 1870, da Amatrice partì verso Roma una donna molto coraggiosa per quei tempi, Anna De Angelis, maritata Baiocchini. La signora Anna cominciò a preparare, con mezzi modesti, i famosi bucatini all’Amatriciana per alcuni ortolani di passaggio. Gli anni passarono e, agli ortolani che venivano al mercato vicino alla Stazione, si unirono entusiasti i romani per gustare gli appetitosi bucatini della “Matriciana”. Successivamente il locale si ampliò, in concomitanza con la costruzione del Teatro Costanzi poi trasformatosi nel Teatro dell’Opera, e acquistò sempre più notorietà ed importanza. Il locale “La Matriciana” esiste ancora oggi. 

I bucatini furono ribattezzati come il piatto dalle “5P” (pasta, pancetta, che in realtà era in realtà guanciale, come da tradizione, pomodoro, pecorino e peperoncino) alle quali Aldo Fabrizi volle aggiungere la sesta “P”: la panza.

E dunque eccoci pronti. Immaginate una giornata d’inverno nebbiosa, piovosa, nulla per cui si senta una qualunque voglia di volare. Gli aerei in hangar fermi, freddi, che ti guardano con gli occhioni. 

E Renzo che di fronte agli aerei prepara l’Amatriciana in hangar: l’incubo dei NAS. 

Dunque: 

Sacre leggi della Amatriciana alla SPQRENZO redatte da lui medesimo, in persona personalmente. 

“Il segreto sono gli ingredienti di qualità. Per 4 persone: 

    • Mezzo chilo di spaghetti o bucatini

    • 130g di Guanciale (come dice Aldo Fabrizi: Guanciale, non Pancetta)

    • 440g di pomodori pelati

    • 100g di pecorino romano con buccia nera (no pecorino marchigiano, toscano o altro) 

    • Peperoncino a piacere

    • Mezzo bicchiere di vino

    • Sale q.b.

Come si fa: 

    • Tagliare il guanciale a listarelle non troppo sottili

    • Mettere il guanciale nella padella a fuoco medio senza aggiunta di olio o burro, lasciate “sudare” il guanciale senza bruciarlo; poi, quando sarà brunito, volendo se ne potrebbe togliere un po’ per guarnire la pasta al momento dell’impiattamento

    • Quando il guanciale sarà imbrunito, sfumare con il vino, lasciare evaporare e quando non si sentirà più odore di alcol “sfragnare” (licenza poetica) i pelati e aggiungere in padella

    • Lasciate cuocere il pomodoro, 10/15 minuti, scolare la pasta e mettetela nella padella con il sugo, spadellate un po’ per condire la pasta, impiattate, aggiungete un po di guanciale sulla pasta e pecorino come piovesse. 

E buon appetito!”

 

SPQRenzo nella sua immensa beltade

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